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Quando il viaggio smette di essere un’avventura e diventa solo un prodotto?

  • Immagine del redattore: Alice Gaglianò
    Alice Gaglianò
  • 20 apr
  • Tempo di lettura: 5 min

Aggiornamento: 22 apr


Uno dei viaggi che vorrei fare è ovviamente un road trip per i parchi negli Stati Uniti, questa copertina è ispirata al mio compleanno che sarà a breve 🌸
Uno dei viaggi che vorrei fare è ovviamente un road trip per i parchi negli Stati Uniti, questa copertina è ispirata al mio compleanno che sarà a breve 🌸

“E così l’ho presa sul personale”


Il weekend scorso ho partecipato ad un bootcamp per diventare coordinatrice di un Tour Operator famoso soprattutto per i viaggi di gruppo. Il perché mi sembra abbastanza ovvio: amo viaggiare, e farlo non solo gratis, ma addirittura con un piccolo rimborso sarebbe stato un sogno. Inoltre con la mia eccessiva empatia ho sempre pensato che sarei stata portata per un ruolo del genere, ma giuro già da quando avevo 7 anni e andavo ogni anno nelle colonie estive. Mi piaceva tantissimo conoscere sempre bambini nuovi, ogni tanto ritrovare quelli che avevo già conosciuto e vivere nuove avventure lontano da casa e da tutto quello che conoscevo. 

Quindi sulla carta avevo la ricetta perfetta: ero motivata, entusiasta e con idee… ma qualcosa è andato storto. 

E mi sono chiesta…ma sono sbagliata io, o c’è qualcos’altro che non va? 🤔 L'esperienza del bootcamp Questo ultimo step andava a chiudere un processo di selezione che per me è durato tutto sommato poco (avevo mandato la candidatura a fine gennaio), alcune persone avevano mandato le candidature ad aprile 2024.... quindi immaginatevi cosa voglia poter dire essere rifiutati dopo aver fatto anche l'ultimo passaggio dopo un anno di attesa.🫥

Non solo, il costo per partecipare era di 170€, con incluse una notte in ostello, una "cena" a buffet (mangiavi solo se riuscivi ad avventarti sul bancone), una colazione, una maglietta e una sacchetta. Tutto questo dove? Ma comodissimamente a Palermo, che si sa che è una meta molto facile ed economica da raggiungere. In generale, partecipare a questo bootcamp mi ha dato la sensazione di un format molto più improntato al venderci loro come azienda invece che al conoscerci come persone (ma...non eravamo lì per quello?); non mi è sembrato molto chiaro dove finisse la selezione e dove iniziasse la vendita del loro prodotto.📈

Ma è questo il modo giusto di valutare qualcuno che dovrebbe guidare un viaggio, con tutte le responsabilità umane che comporta? Non ci è stato chiesto se avessimo mai viaggiato da soli (secondo me abbastanza fondamentale), quante lingue parlassimo, imprevisti che abbiamo dovuto affrontare, zero di tutto ciò. Avevamo 2 minuti a testa circa per raccontarci, e il resto del tempo dovevamo stare seduti in una stanza per ore e ore. Ad essere onesta, già durante il weekend (ma forse anche da prima conoscendo la realtà da dove provengono) ero poco convinta dell'ambiente e di come comunicavano i loro valori. E soprattutto, di cosa volesse dire per loro viaggiare.


Cosa vuol dire viaggiare?


Per me il viaggio comincia nel momento esatto in cui nasce l’idea.

Quando pensi “Mi piacerebbe tantissimo andare…”, e già ti senti un po’ lontano, inizia lì. Il cercare le strutture, l'informarsi tramite mille blog e anche l'avere un po’ quella leggera ansia nello stomaco che ti fa pensare "Boh.. ma quando sarò lì chissà come andrà??"

E a dirla  tutta finisce solo nel momento in cui lo stai raccontando. Quando riguardi le foto dopo averle sviluppate o modificate e tutte le sensazioni provate ritornano per essere elaborate davvero.

Certo, non tutti hanno il tempo (grosso problema della nostra società attuale) di ideare viaggi ben organizzati. Le agenzie sono sempre esistite, per carità. Ci sono anche delle realtà molto belle che sono costruite apposta per connettere persone che vogliono visitare le stesse mete, senza aver bisogno di un adulto coordinatore stile campus estivo perché, guarda un po', sono adulti anche i partecipanti 🍼. Ma forse in alcuni casi si sta andando un po’ troppo oltre. 

Sto parlando di quelle realtà per cui il viaggiare è diventato non solo un prodotto, ma un copione da seguire. Un carosello di contenuti da creare, un'avventura già preconfezionata con tanto di slide, mission, picchi emotivi da raggiungere assolutamente e tone of voice da rispettare. 



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La spontaneità degli imprevisti, quelli veri


Uno dei sinonimi di viaggio è proprio avventura, ma andando a scomporre meglio questa parola forse capisco che per me non ha lo stesso significato delle mille ADV che vedo su Instagram. 

Avventura non è “fare canyoning il giorno 3” perché è incluso nel pacchetto. Ma è “oggi dovevo andare di là ma seguendo il mio istinto sul momento invece vado dalla parte opposta”; è avere incontri reali con persone del luogo, non perché rientra in una ricetta del viaggio perfetto creato ad hoc, ma perché mi sono ritrovato in una situazione spontanea che l’ha richiesto. È scoperta non solo del mondo, ma di se stessi. E come fai a scoprire te stesso se ogni giorno hai un’attività nuova da seguire e non hai nemmeno il tempo per sperimentare cose fuori dallo script ed interiorizzare tutto quello che sta succedendo?

Possibile che siamo arrivati al punto di dover comprare qualcosa di preconfezionato per essere sicuri di provare emozioni autentiche?

In un viaggio può anche andare tutto storto. Ma forse oggi fa troppa paura non avere foto da postare che raccontino esperienze “wow” 😬. E così a forza di voler vivere solo cose memorabili rischiamo di perdere la cosa più vera e bella dei viaggi: la spontaneità di tutto quello che non è stato programmato e che è capitato per caso, nel bene e nel male.


Non tutto il marketing vien per nuocere


Grazie a queste compagnie, molte persone viaggiano di più. Alcune raggiungono mete lontane che non avrebbero mai osato affrontare da sole. E questo è bellissimo. Viaggiare apre la mente, ti cambia.

MA, e qui viene il punto, dipende da come lo fai. 

Rendere il tutto più accessibile, più vendibile, più social-friendly, più schedulato… non lo rende meno autentico?

Anche perché, parlando di accessibilità, questi viaggi non sono nemmeno economici. Ad organizzarsi da soli, nella maggior parte dei casi, si spende meno.

Inoltre la vendita di questi pacchetti porta inevitabilmente ad un'omologazione dell’esperienza, facendoti tra l’altro avere delle aspettative altissime e poco realistiche, con la perdita totale del senso di avventura (quello vero).

E se poi vai sui social e vedi che con la stessa compagnia, nello stesso posto hanno fatto una cosa che tu non hai fatto… ovviamente ti chiedi ma come scusa, perché loro sì e io no? Non abbiamo pagato la stessa cifra? Perché lui si sta divertendo di più?


Insomma quando tutto è previsto, e forse hai anche un po’ pagato affinché lo sia, dove resta lo spazio per le emozioni spontanee? Per gli errori umani che, spesso, sono la parte più adrenalinica di un viaggio?


Abbassate i forconi, questo è il mio punto di vista


Nel momento in cui ho iniziato l’iter di selezione ero ben consapevole di non essere il target ideale. Non sono completamente contro queste realtà, anzi, hanno il merito di far viaggiare più persone, e di dare un modo per creare connessioni umane in contesti lontani dal quotidiano.


Ma per me il viaggio è un’altra cosa. Non ha bisogno di studi di marketing per trovare l’andamento perfetto di una curva di emozioni, di hashtag e di un numero prestabilito di selfie.

Quindi, si chiude una porta, ma probabilmente per me si aprirà il portellone di un altro aereo ✈️.

 
 
 

1 commento


giorgia.paladini
22 apr

Ottime riflessioni, io invece pensavo che 10 anni di esperienza nell'organizzazione eventi fossero sufficienti per prendersi cura dell'organizzazione e della gestione di un viaggio.. che ingenua :)

 

Scherzi a parte, non ci vuole molto per capire che queste aziende in realtà lucrano sulla passione delle persone.. oltre ad offrire ai viaggiatori pacchetti esageratamente costosi per quella che è poi l'effettiva offerta ( un po' come fatto per il bootcamp), c'è anche tutto il tema dei coordinatori che svolgono GRATUITAMENTE un LAVORO a tutti gli effetti con delle responsabilità che non si possono ignorare (spoiler: pagare semplicemente il volo non basta - anche perché l'esperienza in loco per il coordinatore è pagata dai pax, e non dalla società). Non a…

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