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Bungee Jumping come rimedio per l'ansia??

  • Immagine del redattore: Alice Gaglianò
    Alice Gaglianò
  • 4 mar
  • Tempo di lettura: 4 min


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Sicuramente ne ho già parlato (e dire che ho scritto quattro articoli in croce e già mi dimentico cosa ho detto), ma soffro d’ansia. Da anni. Anche se per diventare consapevole del fatto che fosse ansia ci ho messo anni di terapia.

Negli ultimi tempi, però, era peggiorata. E chi ne soffre lo sa: l’ansia è subdola, si infiltra ovunque e diventa una specie di coinquilina indesiderata che all’inizio si accontenta dello sgabuzzino della mente, ma poi si  prende il soggiorno, la cucina, cambia la serratura e  pure la password del Wi-Fi.


E questa cosa mi sta decisamente sul c****.


Nel periodo del viaggio in Nuova Zelanda, la mia ansia si stava sfregando le mani come Mister Burns: tra il volo lunghissimo, l’idea l’essere isolati dall’altra parte del mondo e il periodo nero che stavo vivendo nel mio lavoro, aveva materiale per settimane. Quindi erano da giorni che cercavo un rimedio. Qualcosa che la facesse tacere, almeno per un po’.

E quando a Queenstown ho visto gente che si buttava da un ponte è partita l’idea assurda: e se...?


E se funzionasse?


Quando siamo passati di fianco al Kawarau Bridge, il ponte dove tutto è iniziato (letteralmente, il primo bungee commerciale al mondo è nato proprio lì) ho sentito qualcosa

Ho chiesto a mia madre e a mio fratello se ci potevamo fermare e ci siamo messi a guardare quelli che si lanciavano.

Diciamocelo chiaramente, vedere persone che fanno un’attività adrenalinica che non richiede preparazioni particolari, fa scattare due cose: la FOMO, e i classiconi del tipo “Ma io ne sarei capace?”, “Dai, non può essere così difficile” e l’immancabile "Sicuramente lo farei meglio di quello lì."


E, la frase delle frasi : “Beh... ma quando mi ricapita?” 

Quando mi ricapita di avere un’occasione così a portata di mano? Fare Bungee Jumping, in Nuova Zelanda, in una gola con pareti bianche e un fiume azzurro, che tra l’altro è pure una location del film del Signore degli Anelli?

Risposta: chiaramente mai più.


Sfida contro me stessa


Oltre alle classiche domande scritte sopra, a me se ne era infilata un’altra nel cervello.

“E se... se fosse un rimedio per l’ansia? E se dopo questo salto non avessi più paura di nulla? Perché, oggettivamente, cosa può esserci di più spaventoso di lanciarsi nel vuoto??”

Poche cose, e comunque cose che non possono essere sotto il tuo controllo. 

Ed io avevo bisogno di una prova. Una prova che l’ansia non avesse preso ancora il controllo su tutto.

Mi sono detta: se riesco a fare questo, allora vuol dire che posso superarla. Vuol dire che posso ancora scegliere autonomamente, anche quando lei è lì.




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Il salto


E così ho prenotato.

Un’ora prima. Senza pensarci troppo, perché se ci avessi pensato ancora  sapevo che avrei trovato un modo per convincermi a lasciar perdere. E la mattina in cui avremmo lasciato Queenstown saremmo ripassati davanti al ponte, quindi era un segno.


Quando ti aiutano ad indossare l’imbracatura e cominciano a farti spostare verso la piattaforma, tutto lo staff ti chiede in continuazione se stai bene, come ti senti, e ovviamente uno mi ha chiesto, hai paura?

OVVIO che ho paura, ma va bene no? È giusto averne e non ha senso ignorarla, sono qui per affrontarla”. 

E qua ho pensato ad una citazione del trono di spade che mi è sempre piaciuta: si trova nel primo libro, quando Eddard Stark deve giustiziare un Guardiano della Notte che ha disertato. E Bran, suo figlio, gli chiede:

“È possibile che un uomo che ha paura possa anche essere coraggioso?” 

Eddard, risponde “Possibile? Bran, è quella l'unica situazione in cui si fa strada il coraggio”.

Questo è il coraggio: esserci dentro fino al collo e andare avanti lo stesso. Ed il mio coraggio aveva sicuramente la strada spianata grazie anche alle tecniche di meditazione che ho imparato e che in quel momento ho messo in atto: senti il respiro, sii presente, senti i piedi che toccano terra, concentrati su ciò che vedi.

E arriva il momento di salire sulla piattaforma.

Il tipo mi dice “conto dal 5 e al “go”  ti butti ok?” 

“Vabe guarda che anche dal tre va bene...”


E guardo in basso. WOW. Ok, eccoci qua, ho il respiro corto ma continuo ad espirare ed inspirare profondamente, allargo le braccia, non sento neanche il conto alla rovescia, ma solo il VAI.


E vado.


Urlo.



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La sensazione di vuoto mi ha totalmente sorpresa, mi si è spezzato il fiato e mi è uscito un urlo talmente strozzato che le persone che stavano guardando si sono seriamente spaventate. Non avevo mai provato una cosa del genere neanche sulle montagne russe. 

Cioè, qui non c’è niente.

Solo vuoto.

Per un attimo, ti dimentichi persino di essere legato ad un elastico. Ma appena è arrivata la spinta dall’alto, l’adrenalina mi è scoppiata dentro e ho cominciato a ridere.

È stato stupendo. Una delle cose più incredibili che abbia fatto nella mia vita.


Bellissimo. Assurdo. Folle.



Quindi? Ha funzionato?


Beh…non del tutto, no. Non posso dire che l’ansia sia magicamente scomparsa e che la mia vita sia cambiata in un istante.


Ma posso dire questo: non ho esitato.


Appena ho sentito il via libera del ragazzo dello staff, io mi sono lanciata. E per me ha significato tantissimo. Io, che soffro d’ansia, che spesso mi blocco e che a volte mi è insostenibile persino prendere la metro per fare 5 fermate… mi sono lanciata da un ponte senza esitazione??


Capisco che allora era questo quello a cui volevo davvero arrivare. Dimostrarmi ancora una volta di avere la forza di affrontare una cosa che anche persone che non soffrono patologicamente di ansia non farebbero.

E soprattutto avere un altro ricordo a cui tornare ogni volta che la mia mente cerca di convincermi che non posso fare qualcosa, che è troppo difficile, che è troppo rischioso…

Ora mi fermo e penso:

"Hai saltato da un ponte. Senza esitare.

Puoi fare qualsiasi cosa."

 
 
 

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